Via della Grada

Via, Bologna

Via della Grada


Situata a ridosso dei viali di circonvallazione della città, via della Grada deve il suo nome alla grata (“grada” in bolognese) che si trova ancora oggi al termine della via, e che rappresentava il punto di accesso alla città tramite il canale di Reno.

Proprio nei pressi della grata le acque del canale, una diramazione artificiale del fiume Reno, si immettono nel centro di Bologna, dove un tempo scorrevano all’aria aperta. La città è attraversata infatti da un reticolo di canali sotterranei, ora coperti, che permettevano il passaggio di merci e persone attraverso il tessuto urbano. La grata serviva dunque a controllare e limitare tale accesso, e veniva abbassata dalle guardie soprattutto di notte per evitare l’introduzione di beni illegali in città.

Il nome della via è in realtà piuttosto recente, in quanto fino al XVIII secolo prendeva il nome di via Riva Reno, di cui rappresenta il prosieguo. Oltre che dalla grata appena descritta, il cambio del nome è da ricondurre anche alla presenza della chiesa di Santa Maria e San Valentino della Grada, ancora presente al termine della via.

Cosa vedere in via della Grada

Sorta nel luogo in cui nel Seicento si trovava l’oratorio della congregazione di Sant'Antonio da Padova, la chiesa di Santa Maria e San Valentino della Grada merita una visita in quanto al suo interno sono custodite le reliquie di San Valentino martire.

Poco distante dalla chiesa c’è però un altro importante edificio, di recente riaperto al pubblico: è l’Opificio della Grada. Oltre a ospitare mostre temporanee sulla storia dei canali bolognesi, l’opificio è sede di una delle opere idrauliche più interessanti di Bologna, utilizzata come mulino a partire dal 1681, l’anno della sua costruzione.

In origine l’opificio lavorava a servizio di una conceria di pellame, i cui proventi finanziarono parte della fabbrica della Basilica di San Petronio, all’epoca ancora in costruzione. Tra il XIX e XX secolo l’opificio venne riconvertito a sede di una centrale idroelettrica molto potente, tanto da riuscire a rifornire di energia l’Ospedale Ortopedico Rizzoli che a quei tempi iniziava ad eseguire i primi raggi X. La centrale venne poi dismessa nel 1926.

Quando ancora il canale scorreva a cielo aperto, attorno all’opificio si aprivano un tempo ampie gradinate su cui le lavandaie si sedevano per lavare i panni nell’acqua di Reno. Tale lavatoio era uno dei più frequentati di Bologna, perché essendo vicino all’ingresso del Reno in città l’acqua era indubbiamente più pulita rispetto ad altre zone del centro in cui confluivano ad esempio gli scarichi dei mulini e delle case.